Il “bandito del lago” A cura della Compagnia teatrale L’archibugio, di Lonigo (VI), sul sagrato del Santuario di Montecastello di Tignale è stato rappresentato mercoledì 17 agosto 2011, con la regia e su testo di Giovanni Fiorio, lo spettacolo teatrale “Zanzanù, il bandito del lago”. L’ambientazione non poteva essere più adatta, lungo le scalinate e nel piccolo giardino del santuario che custodisce l’ex voto, probabilmente dipinto nel 1618, da Andrea Bertanza, con la grande scena della battaglia sui monti di Tignale e dell’uccisione alle Visine di Giovanni Beatrice e dei suoi compagni. |
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Uno spettacolo di grande intensità, che rifacendosi al prezioso volume, appena pubblicato, di Claudio Povolo, ha voluto rappresentare una parte delle vicende del “bandito del lago”, quelle seguite all’uccisione di Francesco Sette il 24 marzo 1602 durante la rassegna delle cernide a Bogliaco di Gargnano. Lotte intestine, delitti efferati, vendette, fughe, inseguimenti, bandi, tra il Garda, Gargnano, Costa, Armo e Turano di Valvestino, Tignale, sono stati i motivi di fondo evidenziati dallo spettacolo. Tutto è ruotato intorno a Zanzanù, sua moglie Caterina, suo zio Giovan Francesco detto Lima, i suoi compagni, Riccobon Sette, fra Tiziano, guardiano del convento di San Francesco di Gargnano, il provveditore di Salò Leonardo Valier. Alla fine, quasi all’improvviso, in una notte piena di stelle la luna è comparsa dal Monte Baldo, creando un’atmosfera di magìa che ha avvolto il lago, le montagne intorno, il santuario e gli spettatori. Nel silenzio della notte Zanzanù ha avuto la sua serata memorabile, ha vinto ancora. Complimenti all’Amministrazione comunale e alla Biblioteca di Tignale per un’iniziativa di grande effetto. Si vedano a parte le fotografie di Maurizio Poinelli (do.fa.). |
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Intervista a Giovanni Florio, regista e attore Come è nata l'idea di questo spettacolo teatrale? L’Archibugio Compagnia Teatrale nasce nel 2009 con l’intento di parlare di storia e di ricerca storica attraverso il linguaggio teatrale. Una linea artistica ben definita fin dalla nostra produzione di debutto: “Paolo e Orgiano”, tratta dagli studi del prof. Claudio Povolo sul nobile vicentino – Paolo Orgiano, per l’appunto – che avrebbe ispirato il Don Rodrigo manzoniano. Questo primo allestimento è stata l’occasione per conoscere il prof. Povolo, che ci ha messo a disposizione documentazione e buoni consigli. E’ sulla base di questa prima felice esperienza e dalla volontà del Comune di Tignale che nasce l’idea di allestire uno spettacolo su Zanzanù.
In che modo il prof. Claudio Povolo ha seguito nel tempo il progetto del lavoro? Il prof. Povolo ha avuto un ruolo determinante in fase di sceneggiatura: la trama del nostro spettacolo segue l’andamento della sua ultima pubblicazione tanto da riprenderne il titolo “Zanzanù, il bandito del Lago”. In fase di scrittura dei dialoghi e prova abbiamo invece lavorato in autonomia: sia il prof. Povolo, sia il Comune di Tignale ci hanno lasciato massima libertà, un gesto di grande fiducia che abbiamo apprezzato molto e al quale abbiamo risposto con grande responsabilità. |
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Quali sono stati i tempi di realizzazione? Considerando le sole prove, un mese e mezzo con incontri a cadenza bisettimanale. Tempi così brevi sono possibili solo quando si lavora con un gruppo motivato, per il quale amatorialità non significa mancanza di professionalità. Più tempo è servito per la stesura del copione: quando si raccontano fatti realmente accaduti non è semplice conciliare esigenze drammaturgiche con la necessaria precisione storica; tanto più se si è di fronte a una vicenda, come quella di Zanzanù, intricata, con un numero considerevole di personaggi e soprattutto interpretabile secondo molteplici chiavi di lettura. Fin da subito abbiamo rinunciato all’idea di raccontarla per intero: sarebbe stato riduttivo e avrebbe sminuito la complessità del personaggio. Abbiamo scelto quindi di concentrarci sulla giovinezza di Zanzanù, sugli anni cruciali che lo portarono a divenire “il bandito del lago”. Nostro desiderio sarebbe quello di fare di questo spettacolo il primo di una trilogia su Giovanni Beatrice.
Chi sono gli interpreti? Ognuno degli attori ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione del progetto: senza Giuseppe Balduino e Claudia Schiavoi (alias Zanzanù e Caterina) la stesura del testo sarebbe stata molto più complessa e il risultato meno efficace. Giuseppe ha curato anche i combattimenti, marchio di fabbrica dei nostri allestimenti. Preziosi sono stati i consigli di regia di Gianluca Beltrando e Maria Vittoria Martini (alias Riccobon Sette e la madre Baruffaldo), come quelli in ambito storico di Alessandro Lazzari (alias padre Tiziano). I giovani – teatralmente o anagraficamente parlando – Marco Mattiazzo, Enrico Spezie, Leonardo Tosini (rispettivamente Bertanza, Lunardo Valieri, Eliseo Baruffaldo) hanno regalato la maggiore soddisfazione, con interpretazioni di un’intensità pari all’impegno profuso. Le musiche originali, eseguite dal vivo da L’Esprit Italienne (Alessandra Borin, soprano; Ilaria Fantin, liuto) hanno costituito un valore aggiunto, così come il disegno luci realizzato specificatamente per le architetture del Santuario di Montecastello da Bruno Rana. (do.fa.) |
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Sono ancora qui...
Ancor oggi io continuo ad aggirarmi per quei monti e, soprattutto, sulla superficie del lago che li lambisce. Non mi allontanerò mai da quei luoghi che mi videro crescere, vivere e morire. La mia anima inquieta m’impedisce di raggiungere i miei cari e le persone che mi furono amiche. Almeno fino a quando non sarà ristabilita la verità (vorrei dire giustizia) intorno alla mia persona. |
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Amavo intensamente le acque dal color intenso di quel lago e le rive scoscese che vi si gettano quasi a capofitto. So bene che oggi molto è cambiato di quei luoghi. Ma so, pure, che ancor si parla molto di me e delle mie imprese. E chi possiede un animo e una sensibilità particolari può ancora scorgermi nei giorni d’estate, alle primissime luci dell’alba, mentre mi aggiro sulla superficie del lago, al largo del promontorio su cui sorge la chiesa di Montecastello.
Zanzanù
Tratto da: C. Povolo, Zanzanù, Il bandito del lago (1576-1617), Tignale 2011, pp. 220-221 |